CPR in Albania: la Corte d’Appello di Roma blocca il modello Italia-Albania

La Corte d’Appello di Roma ha recentemente emesso una sentenza destinata a cambiare radicalmente l’applicazione del controverso “modello Albania” per la gestione dei migranti. Il tribunale ha stabilito che è illegittimo trattenere nei Centri per il Rimpatrio (CPR) albanesi quei cittadini stranieri che manifestano la volontà di richiedere asilo politico.
Il caso specifico riguardava un cittadino marocchino trattenuto nel CPR di Gjader che, dopo aver espresso l’intenzione di richiedere protezione internazionale, si è visto riconoscere il diritto di essere immediatamente trasferito in Italia per la gestione della sua domanda d’asilo. La sentenza rappresenta un precedente significativo che potrebbe compromettere l’intero impianto dell’accordo italo-albanese sui migranti.
I principi giuridici affermati
La Corte ha chiarito diversi punti fondamentali:
- Validità delle richieste d’asilo: La domanda di protezione internazionale formulata in Albania deve essere considerata come una richiesta rivolta direttamente allo Stato italiano, poiché l’Albania è equiparata a zone di frontiera o di transito esclusivamente ai fini del Protocollo bilaterale.
- Cessazione delle condizioni di trattenimento: Una volta avviata la procedura d’asilo, il trattenimento nel CPR albanese perde la sua giustificazione originaria (finalizzata al rimpatrio) e deve essere interrotto.
- Garanzie costituzionali: La Corte ha sottolineato che il trasferimento coattivo in Albania è avvenuto senza la necessaria convalida giurisdizionale, violando così le garanzie procedurali previste dalla legge italiana e dalla Costituzione.
Conseguenze immediate della sentenza
La decisione ha provocato effetti a catena immediati:
- Blocco delle procedure di trattenimento in Albania per tutti i richiedenti asilo
- Ritorno in Italia di diversi migranti già trasferiti in Albania
- Sospensione delle convalide di trattenimento da parte della Corte d’Appello
- Riduzione drastica del numero di migranti presenti nei CPR albanesi, scesi a soli 25 secondo recenti stime
Il “modello Albania” in bilico
Il protocollo Italia-Albania, firmato nel novembre 2023 ed entrato in funzione nell’ottobre 2024, prevedeva la creazione di due strutture in territorio albanese per la gestione dei flussi migratori: un hotspot per l’identificazione a Shengjin e un Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) a Gjader.
Questo accordo, presentato dal governo italiano come un modello innovativo di gestione extraterritoriale dei migranti, è costato circa 670 milioni di euro in cinque anni. Tuttavia, sin dall’inizio, numerose associazioni per i diritti umani hanno sollevato dubbi sulla sua compatibilità con i principi fondamentali del diritto italiano ed europeo in materia di asilo.
Le lacune normative evidenziate
La sentenza ha messo in luce significative lacune nella struttura normativa dell’accordo:
- Mancanza di base giuridica chiara per il trattenimento extraterritoriale dei richiedenti asilo
- Assenza di garanzie procedurali adeguate per i migranti trasferiti
- Conflitto con il principio di non-refoulement e con le norme europee sul diritto d’asilo
- Problemi di giurisdizione e di applicabilità delle garanzie costituzionali italiane in territorio straniero
Reazioni politiche e istituzionali
La decisione della Corte d’Appello ha suscitato reazioni contrastanti nel panorama politico italiano. Da un lato, il governo ha espresso l’intenzione di ricorrere contro la sentenza e di lavorare a modifiche normative per salvaguardare l’accordo. Dall’altro, l’opposizione e le organizzazioni per i diritti umani hanno accolto con favore la decisione, sottolineando come essa confermi le criticità già denunciate.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha difeso l’indipendenza dei giudici, mentre diverse ONG, tra cui ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e Melting Pot Europa, hanno evidenziato come questa sentenza rappresenti un importante passo verso il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti.
Futuro incerto per l’accordo
Il futuro del “modello Albania” appare ora quantomai incerto. Per mantenere in vita l’accordo, il governo italiano dovrebbe:
- Modificare sostanzialmente il quadro normativo per allinearlo ai principi costituzionali e al diritto internazionale
- Introdurre garanzie procedurali più solide per i migranti trasferiti
- Rivedere i meccanismi di convalida giurisdizionale dei trattenimenti
In alternativa, potrebbe essere necessario ripensare completamente l’approccio alla gestione extraterritoriale dei migranti, riconoscendo i limiti giuridici di soluzioni che tendono a esternalizzare le procedure di asilo e rimpatrio.
Il dibattito più ampio sulla gestione dei migranti
La vicenda dei CPR albanesi si inserisce in un dibattito più ampio sulle politiche migratorie europee. L’Italia non è l’unico paese a sperimentare modelli di gestione extraterritoriale: il Regno Unito ha tentato un approccio simile con il Rwanda, anch’esso oggetto di contestazioni legali.
Questi tentativi riflettono la tensione crescente tra la volontà politica di ridurre i flussi migratori e l’obbligo giuridico di rispettare i diritti fondamentali dei richiedenti asilo. La sentenza della Corte d’Appello di Roma ribadisce che, anche nell’ambito di accordi bilaterali, le garanzie costituzionali e i diritti umani rappresentano limiti invalicabili per le politiche migratorie.
Conclusioni
La decisione della Corte d’Appello di Roma segna una battuta d’arresto significativa per il “modello Albania” e potrebbe rappresentare un punto di svolta nelle politiche migratorie italiane. La sentenza ricorda che, al di là delle contingenze politiche, il rispetto dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo resta un pilastro irrinunciabile dello Stato di diritto.
Mentre il dibattito politico continuerà nei prossimi mesi, appare sempre più evidente la necessità di ripensare le politiche migratorie in modo da coniugare le esigenze di gestione dei flussi con il rispetto dei diritti fondamentali delle persone, in linea con i principi costituzionali e con gli obblighi internazionali dell’Italia.
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