SOS Humanity: 10 anni di salvataggi e un appello all’Europa

SOS Humanity celebra un traguardo significativo ma amaro: dieci anni di operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale, una delle rotte migratorie più letali al mondo. Nata come SOS Mediterranee Germany nel 2015 e diventata organizzazione indipendente nel 2022, l’ONG ha salvato più di 38.500 vite umane in un decennio di attività ininterrotta.
In occasione di questo anniversario, l’organizzazione ha pubblicato il rapporto “Borders of (In)humanity”, un documento che raccoglie 64 testimonianze di migranti soccorsi tra il 2022 e il 2024 a bordo della nave Humanity 1. Queste testimonianze documentano un quadro agghiacciante di torture sistematiche, abusi, detenzioni arbitrarie, violenze sessuali e altre gravi violazioni dei diritti umani – spesso perpetrate da attori statali libici e tunisini sostenuti finanziariamente dall’Unione Europea.
“Una crisi di coscienza dell’Europa”
Il direttore generale di SOS Humanity, Till Rummenhohl, non usa mezzi termini nel denunciare quella che definisce “una crisi di coscienza dell’Europa”. Durante la conferenza stampa per la presentazione del rapporto, Rummenhohl ha rivolto un duro atto d’accusa alle istituzioni europee e al nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz, sottolineando come il Mediterraneo sia diventato “una zona franca per l’impunità”.
“Gli Stati europei non solo hanno abdicato alle proprie responsabilità di soccorso, ma hanno attivamente contribuito a creare un vuoto di legalità e protezione”, ha dichiarato Rummenhohl, riferendosi alle politiche di esternalizzazione delle frontiere adottate dall’UE nell’ultimo decennio.
Queste politiche hanno comportato investimenti significativi: l’Unione Europea ha speso 242 milioni di euro dal 2014 al 2024 per rafforzare la sorveglianza di paesi come Libia e Tunisia, che secondo SOS Humanity non possono in alcun modo essere considerati “sicuri” per i migranti.
Testimonianze dal mare: storie di violenza istituzionalizzata
Le testimonianze raccolte nel rapporto delineano uno scenario di violenza sistematica e istituzionalizzata. I racconti dei sopravvissuti parlano di migranti venduti come schiavi, detenuti senza motivo in prigioni illegali, sottoposti a torture o semplicemente abbandonati in mare. Molti descrivono respingimenti multipli, pestaggi, affondamenti intenzionali di imbarcazioni e bambini dispersi tra le onde.
I dati internazionali confermano la gravità della situazione: dal 2014 ad oggi, quasi 25.000 persone sono morte o risultano disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale. Ancora più allarmante è il fatto che, nonostante il calo degli arrivi rispetto al picco del 2015, la mortalità è aumentata. Nel 2023 sono stati registrati 3.231 morti o dispersi nel Mediterraneo e nelle rotte nordafricane, un chiaro segnale che il viaggio è diventato ancora più pericoloso negli ultimi anni.
Critiche e richieste concrete
SOS Humanity non ha risparmiato critiche al nuovo governo tedesco, evidenziando l’assenza di impegni concreti sul salvataggio in mare nell’accordo di coalizione. L’organizzazione denuncia quello che definisce “un silenzio assordante” e una precisa scelta politica: “salvare vite non è una priorità”.
Nel rapporto e durante la conferenza stampa, l’ONG ha avanzato richieste chiare e concrete:
- Istituzione di un programma pubblico europeo di ricerca e soccorso, finanziato direttamente dall’UE e indipendente dai governi nordafricani, sul modello del “Salvamento Marítimo” spagnolo.
- Pieno rispetto del diritto internazionale del mare e delle convenzioni sui diritti umani.
- Fine delle politiche di esternalizzazione che delegano il controllo delle frontiere a paesi non sicuri.
- Maggiore trasparenza e assunzione di responsabilità da parte degli Stati europei sulle operazioni di salvataggio e sulle condizioni dei migranti.
Un appello per l’umanità
SOS Humanity conclude il suo rapporto decennale con una riflessione amara ma necessaria: l’inerzia politica europea costa vite umane. L’organizzazione chiede all’Europa di decidere definitivamente se essere “uno spazio di dignità o di morte”.
“Siamo stanchi di vedere l’umanità abbandonata alle frontiere europee”, affermano i rappresentanti dell’ONG, ponendo le voci dei sopravvissuti e delle vittime al centro del loro appello. Un appello che, dopo dieci anni di missioni nel Mediterraneo, suona sempre più come un monito: la vera misura dell’Europa non sta nei suoi confini, ma nella sua capacità di difendere i diritti umani fondamentali oltre qualsiasi frontiera.
Mentre SOS Humanity continua la sua missione salvavita, la domanda rimane aperta: saprà l’Europa rispondere a questa “crisi di coscienza” con azioni concrete, o continuerà a delegare la gestione delle proprie frontiere ai costi dell’umanità?
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