Dal Protocollo Italia-Albania alla Legge: Come Cambia la Gestione dei Flussi Migratori

Nel maggio 2025, l’Italia ha segnato un punto di svolta nella propria politica migratoria con l’approvazione definitiva del cosiddetto “decreto Albania”. Questa normativa, che ha suscitato ampi dibattiti sia a livello nazionale che europeo, rappresenta uno dei più significativi inasprimenti delle misure di contrasto all’immigrazione irregolare degli ultimi anni. La legge, nata dalla necessità di gestire i crescenti flussi migratori nel Mediterraneo, introduce un sistema innovativo ma controverso di gestione extraterritoriale dei migranti attraverso centri di detenzione situati in territorio albanese.
La genesi di questo decreto affonda le radici nella crisi migratoria che ha caratterizzato gli ultimi anni, con l’Italia che si è trovata spesso in prima linea nell’accoglienza di migliaia di persone in fuga da guerre, persecuzioni e povertà. Il governo italiano, sotto la pressione dell’opinione pubblica e di una parte significativa dell’elettorato, ha cercato soluzioni alternative ai tradizionali meccanismi di accoglienza, trovando nell’accordo con l’Albania una risposta che prometteva di coniugare il rispetto degli obblighi internazionali con la necessità di controllo dei flussi.
Le Origini dell’Accordo Italia-Albania
L’accordo bilaterale tra Italia e Albania per la gestione dei migranti rappresenta un precedente unico nel panorama europeo. Questo protocollo, che ha portato alla realizzazione di strutture di detenzione in territorio albanese ma sotto giurisdizione italiana, nasce da una strategia geopolitica più ampia che vede l’Albania come partner strategico dell’Italia nei Balcani. La scelta dell’Albania non è casuale: si tratta di un paese candidato all’ingresso nell’Unione Europea, con un governo stabile e rapporti privilegiati con Roma.
Le strutture realizzate in Albania sono state progettate per ospitare diverse tipologie di migranti, dalle persone intercettate in acque internazionali a quelle già presenti sul territorio italiano e destinate al rimpatrio. Questo sistema, teoricamente, dovrebbe alleggerire la pressione sui centri di accoglienza italiani e accelerare le procedure di identificazione e rimpatrio.
Le Principali Novità Legislative
Estensione della Platea dei Trasferibili
Una delle modifiche più significative introdotte dal decreto riguarda l’ampliamento della categoria di persone trasferibili nei centri albanesi. Se inizialmente il sistema era pensato principalmente per i migranti intercettati in acque internazionali o provenienti da paesi considerati sicuri, la nuova normativa estende questa possibilità a tutti gli stranieri già presenti in Italia che siano destinatari di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati, inclusi coloro che sono soggetti a espulsione.
Questa estensione rappresenta un cambio di paradigma significativo, trasformando i centri albanesi da strutture di prima accoglienza e identificazione a veri e propri centri di detenzione per il rimpatrio. La decisione ha sollevato numerose preoccupazioni tra le organizzazioni per i diritti umani, che vedono in questa misura un potenziale aggravamento delle condizioni di detenzione dei migranti.
Equiparazione delle Strutture
Il decreto stabilisce che le strutture in Albania siano equiparate agli hotspot italiani per quanto riguarda l’identificazione e la prima accoglienza, e ai Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) quando destinate specificamente al rimpatrio. Questa equiparazione non è meramente formale, ma comporta l’applicazione delle stesse procedure, degli stessi diritti e delle stesse garanzie previste per le strutture italiane.
L’equiparazione solleva tuttavia questioni complesse dal punto di vista giuridico, considerando che si tratta di strutture situate in territorio straniero ma sotto giurisdizione italiana. Questo aspetto ha generato dibattiti tra i giuristi sulla legittimità e sulla conformità al diritto internazionale di tale sistema.
Gestione dei Richiedenti Asilo
Una delle disposizioni più controverse riguarda la gestione dei richiedenti asilo trasferiti in Albania. Il decreto prevede che se un migrante trasferito nelle strutture albanesi presenta domanda di asilo, può essere trattenuto se vi sono motivi fondati per ritenere che la richiesta sia stata presentata solo per ritardare o impedire il respingimento o l’espulsione.
Questa disposizione introduce un elemento di discrezionalità che preoccupa gli operatori del settore, poiché la valutazione dei “motivi fondati” potrebbe portare a decisioni arbitrarie. Inoltre, la possibilità di trattenere i richiedenti asilo va contro alcuni principi consolidati del diritto internazionale, che prevedono generalmente la libertà di movimento per chi chiede protezione internazionale.
Flessibilità nei Trasferimenti
Il decreto introduce una maggiore flessibilità nella gestione dei trasferimenti tra centri, permettendo di spostare le persone da un centro all’altro, anche tra Italia e Albania, senza che venga meno il trattenimento e senza necessità di una nuova convalida. Questa disposizione mira a rendere più efficiente il sistema, evitando le lungaggini burocratiche che spesso caratterizzano i trasferimenti.
Tuttavia, questa flessibilità solleva preoccupazioni per quanto riguarda i diritti dei migranti, che potrebbero trovarsi spostati da un paese all’altro senza un’adeguata tutela legale o senza la possibilità di essere assistiti dai propri legali.
Le Procedure Accelerate: Un’Arma a Doppio Taglio
Estensione dell’Applicazione
Una delle modifiche più significative introdotte dal decreto riguarda l’estensione della procedura accelerata per l’esame delle domande di protezione internazionale. Questa procedura, che prevede l’esame della domanda in soli 7 giorni, viene ora applicata anche ai richiedenti asilo trasferiti nei CPR in Albania che presentano domanda presumibilmente per ostacolare il rimpatrio, a chi presenta domande reiterate o identiche, e alle persone condannate o indagate per gravi reati.
L’elenco dei reati che comportano l’applicazione della procedura accelerata è ampio e include omicidio, devastazione, associazioni sovversive, furto, violenza a pubblico ufficiale, crimini contro la pace o l’umanità, e minaccia all’ordine pubblico. Questa estensione mira a velocizzare l’esame delle domande considerate manifestamente infondate o strumentali.
Criticità e Preoccupazioni
L’estensione delle procedure accelerate solleva tuttavia diverse preoccupazioni. In primo luogo, i tempi ristretti per l’esame delle domande potrebbero non consentire un’adeguata valutazione di casi complessi, rischiando di portare a decisioni affrettate che potrebbero violare il principio di non-refoulement. In secondo luogo, la categoria dei reati che comportano l’applicazione della procedura accelerata è così ampia da rischiare di includere anche reati minori, con il rischio di penalizzare eccessivamente persone che potrebbero avere comunque diritto alla protezione internazionale.
Il Potenziamento dei CPR: Deroghe e Implicazioni
Le Deroghe Normative
Una delle disposizioni più controverse del decreto riguarda la possibilità, fino al 2026, di derogare a tutte le norme di legge diverse da quelle penali per la localizzazione, realizzazione, ampliamento e ripristino dei CPR, salvo il rispetto del codice antimafia e dei vincoli dell’Unione Europea. Questa deroga eccezionale mira a velocizzare la realizzazione e il potenziamento dei centri di detenzione, superando gli ostacoli burocratici e amministrativi che spesso rallentano questi progetti.
La possibilità di derogare a norme ambientali, urbanistiche e di sicurezza solleva tuttavia preoccupazioni significative. Se da un lato questa misura può effettivamente accelerare la realizzazione dei centri, dall’altro rischia di compromettere standard importanti per la tutela dell’ambiente e della sicurezza sia dei migranti che degli operatori.
Impatti sul Territorio
Il potenziamento dei CPR avrà inevitabilmente impatti significativi sui territori che li ospitano. Le comunità locali spesso si oppongono alla realizzazione di questi centri, temendo ripercussioni negative sull’economia locale e sulla sicurezza. Le deroghe previste dal decreto potrebbero aggravare queste tensioni, permettendo la realizzazione di strutture senza il coinvolgimento adeguato delle comunità locali.
La Cooperazione con l’Albania: Aspetti Bilaterali
La Cessione delle Motovedette
Il decreto autorizza il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a cedere gratuitamente due motovedette alla Repubblica di Albania per rafforzare la cooperazione operativa. Questa disposizione si inserisce in un quadro più ampio di cooperazione bilaterale che va oltre la semplice gestione dei migranti e tocca aspetti di sicurezza marittima e controllo delle frontiere.
La cessione delle motovedette rappresenta un investimento strategico dell’Italia nella capacità dell’Albania di controllare le proprie acque territoriali e di collaborare efficacemente nella lotta all’immigrazione irregolare. Questo aspetto della cooperazione potrebbe avere implicazioni positive di lungo termine per la stabilità della regione balcanica.
Gli Aspetti Geopolitici
L’accordo con l’Albania si inserisce in una strategia geopolitica più ampia dell’Italia nei Balcani. Attraverso questa cooperazione, l’Italia rafforza la propria influenza nella regione e si posiziona come attore chiave nel processo di integrazione europea dei paesi balcanici. Tuttavia, questo approccio solleva anche questioni relative alla sovranità nazionale e al diritto internazionale, considerando che si tratta di una forma di “esternalizzazione” della gestione migratoria.
I Numeri e l’Efficacia del Sistema
I Dati Attuali
Al momento dell’approvazione del decreto, i numeri relativi all’efficacia del sistema albanese erano ancora modesti. I centri ospitavano circa 40 migranti e i rimpatri effettivi erano meno di una ventina, con i voli di rimpatrio che continuavano a partire dall’Italia piuttosto che direttamente dall’Albania. Questi dati sollevano interrogativi sull’efficacia reale del sistema e sui costi sostenuti per la sua realizzazione.
La sproporzione tra gli investimenti effettuati e i risultati ottenuti ha alimentato le critiche dell’opposizione e delle organizzazioni della società civile, che vedono nel sistema albanese più una mossa propagandistica che una soluzione efficace al problema dell’immigrazione irregolare.
Proiezioni e Aspettative
Nonostante i numeri iniziali modesti, il governo italiano si aspetta che il sistema albanese possa raggiungere piena operatività nei prossimi mesi, con un significativo aumento del numero di persone trasferite e rimpatriate. Le proiezioni governative parlano di migliaia di trasferimenti all’anno, che dovrebbero alleggerire la pressione sui centri italiani e accelerare le procedure di rimpatrio.
Tuttavia, queste proiezioni si scontrano con diverse variabili, dalle decisioni dei tribunali italiani che potrebbero limitare i trasferimenti, alle capacità operative delle strutture albanesi, fino alle reazioni della comunità internazionale e delle organizzazioni per i diritti umani.
Le Reazioni e le Controversie
Il Dibattito Politico
Il decreto Albania ha polarizzato il dibattito politico italiano. Da un lato, la maggioranza di governo lo presenta come una soluzione innovativa e necessaria per gestire i flussi migratori e tutelare la sicurezza nazionale. Dall’altro, l’opposizione lo critica come una misura disumana e potenzialmente illegittima che rischia di violare i diritti fondamentali dei migranti.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno espresso forte preoccupazione per diversi aspetti del decreto, dalla possibilità di trattenere i richiedenti asilo alle deroghe previste per la realizzazione dei CPR. Amnesty International, Human Rights Watch e altre organizzazioni internazionali hanno chiesto al governo italiano di riconsiderare alcune delle disposizioni più controverse.
Le Reazioni Europee
A livello europeo, il decreto Albania ha suscitato reazioni contrastanti. Alcuni paesi, alle prese con problemi simili di gestione dei flussi migratori, guardano con interesse al modello italiano come possibile soluzione da replicare. Altri, invece, esprimono preoccupazione per le implicazioni che questo approccio potrebbe avere sui diritti umani e sui principi fondamentali dell’Unione Europea.
La Commissione Europea ha avviato un monitoraggio attento dell’implementazione del decreto, per verificare la conformità con il diritto europeo e i trattati internazionali sui diritti umani. Questo scrutinio potrebbe portare a procedure di infrazione se dovessero emergere violazioni significative.
Le Sfide Legali e Giuridiche
I Ricorsi e le Decisioni dei Tribunali
L’implementazione del decreto Albania si è scontrata fin dall’inizio con una serie di ricorsi e decisioni giudiziarie che ne hanno limitato l’applicazione. Diversi tribunali italiani hanno sollevato dubbi sulla legittimità dei trasferimenti, portando al rilascio di alcune persone trattenute nei centri albanesi.
Queste decisioni giudiziarie hanno evidenziato le complessità legali del sistema, dalla questione della giurisdizione applicabile alla conformità con il diritto internazionale. Il governo ha risposto a queste sfide legali con il decreto in esame, cercando di sanare alcune delle criticità emerse, ma è probabile che il contenzioso legale continui nei prossimi mesi.
Le Questioni di Diritto Internazionale
Dal punto di vista del diritto internazionale, il sistema albanese solleva diverse questioni complesse. La possibilità di trattenere persone in territorio straniero sotto giurisdizione italiana pone interrogativi sulla sovranità statale e sui diritti delle persone trattenute. Inoltre, l’applicazione del principio di non-refoulement diventa più complessa in un contesto extraterritoriale.
Gli esperti di diritto internazionale sono divisi sulla legittimità del sistema. Alcuni ritengono che, purché vengano rispettate tutte le garanzie previste dal diritto internazionale, il sistema possa essere compatibile con gli obblighi internazionali dell’Italia. Altri, invece, vedono nel sistema una violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale dei rifugiati.
Prospettive Future e Possibili Sviluppi
L’Evoluzione del Sistema
Nei prossimi mesi sarà cruciale monitorare l’evoluzione del sistema albanese e la sua capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati. L’efficacia del sistema dipenderà da diversi fattori, dalla capacità operativa delle strutture alla cooperazione tra le autorità italiane e albanesi, fino alla stabilità del quadro giuridico di riferimento.
È probabile che il sistema subisca aggiustamenti e modifiche in base all’esperienza operativa e alle decisioni dei tribunali. La flessibilità nell’adattamento sarà cruciale per il successo dell’iniziativa, così come la capacità di rispondere alle critiche e di migliorare gli standard di tutela dei diritti umani.
Le Implicazioni per il Futuro della Politica Migratoria Europea
Il modello italiano del decreto Albania potrebbe influenzare significativamente l’evoluzione della politica migratoria europea. Se il sistema dovesse dimostrarsi efficace e compatibile con i diritti umani, altri paesi europei potrebbero essere tentati di replicarlo, portando a una progressiva “esternalizzazione” della gestione migratoria.
Questo sviluppo avrebbe implicazioni profonde per l’architettura del sistema europeo di asilo e per i rapporti dell’Unione Europea con i paesi terzi. La sfida sarà quella di bilanciare l’efficacia nella gestione dei flussi migratori con il rispetto dei diritti umani e dei principi fondamentali dell’Unione Europea.
Conclusioni: Un Esperimento Controverso
Il decreto Albania rappresenta indubbiamente uno degli esperimenti più ambiziosi e controversi nella gestione dei flussi migratori degli ultimi anni. Da un lato, offre una risposta innovativa alle sfide poste dall’immigrazione irregolare, cercando di coniugare controllo dei flussi ed efficacia delle procedure. Dall’altro, solleva questioni fondamentali sui diritti umani, sulla sovranità statale e sulla conformità al diritto internazionale.
Il successo o il fallimento di questo esperimento avrà implicazioni che vanno ben oltre i confini nazionali, influenzando potenzialmente l’evoluzione delle politiche migratorie in Europa e nel mondo. La sfida per il governo italiano sarà quella di implementare il decreto in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati senza compromettere i diritti fondamentali delle persone coinvolte.
Solo il tempo potrà dire se il decreto Albania rappresenti una soluzione efficace e sostenibile ai problemi dell’immigrazione irregolare o se, al contrario, si riveli un esperimento fallimentare che ha compromesso principi fondamentali senza raggiungere risultati significativi. Quello che è certo è che questa normativa segnerà un precedente importante nella storia delle politiche migratorie europee, con conseguenze che si faranno sentire per anni a venire.
La società civile, le istituzioni europee e la comunità internazionale continueranno a monitorare attentamente l’implementazione del decreto, pronti a intervenire qualora dovessero emergere violazioni significative dei diritti umani o del diritto internazionale. In questo contesto, il dialogo e la collaborazione tra tutte le parti interessate saranno essenziali per trovare soluzioni che siano al tempo stesso efficaci e rispettose della dignità umana.