Referendum 2025, fallisce il quorum: affluenza ferma al 22,7%

Referendum 2025, fallisce il quorum: affluenza ferma al 22,7%

Nessun quesito raggiunge la soglia di validità. Le norme su lavoro e cittadinanza restano invariate

Roma, 9 giugno 2025 – Si chiude con un nulla di fatto la consultazione referendaria dell’8 e 9 giugno. L’affluenza definitiva si è fermata al 22,7%, ben al di sotto della soglia del 50% più uno degli aventi diritto necessaria per rendere validi i cinque quesiti abrogativi sottoposti al voto degli italiani. Un risultato che conferma la difficoltà crescente del Paese nel mobilitare l’elettorato sulle consultazioni referendarie.

I quesiti bocciati dal mancato quorum

I cittadini erano chiamati a pronunciarsi su cinque quesiti, quattro dei quali riguardavano il mondo del lavoro e uno la cittadinanza. Nel dettaglio:

Lavoro: I quattro quesiti miravano ad abrogare parti significative della legislazione sul lavoro, dal reintegro per licenziamento illegittimo ai limiti delle indennità per licenziamenti, dalla disciplina dei contratti a termine alle norme sui licenziamenti collettivi.

Cittadinanza: Il quinto quesito puntava a semplificare l’acquisizione della cittadinanza italiana per le persone non comunitarie cresciute nel nostro Paese, riducendo da dieci a cinque anni il periodo di residenza richiesto.

La geografia del voto

L’affluenza ha mostrato le tradizionali divisioni territoriali del Paese. Il Nord Italia ha registrato i dati di partecipazione più elevati, con la Toscana che ha toccato punte del 39% e l’Emilia-Romagna che ha superato il 35%. Diversa la situazione nel Mezzogiorno, dove alcune province del Sud e delle Isole non hanno raggiunto nemmeno il 4% di affluenza. Particolarmente bassa anche la partecipazione in Trentino-Alto Adige, rimasta sotto il 20%.

Un dato significativo: in nessun comune italiano, ad eccezione del piccolo centro umbro di Paciano, è stato raggiunto il quorum del 50%. Ma per la validità dei referendum conta esclusivamente il dato nazionale.

Le reazioni politiche

Il fallimento del quorum ha innescato immediate reazioni politiche contrapposte. La maggioranza di governo ha interpretato il risultato come una vittoria politica e una sconfitta per le opposizioni, che avevano puntato molto sulla consultazione come occasione di mobilitazione contro l’esecutivo.

“Gli italiani hanno scelto di non seguire le sirene della sinistra”, ha commentato un esponente della maggioranza, sottolineando come l’astensione rappresenti “un voto di fiducia nelle politiche del governo”.

Di segno opposto le reazioni dei promotori dei referendum. “Il quorum è diventato un ostacolo alla democrazia”, hanno dichiarato, annunciando l’intenzione di proporre una riforma che riveda o abolisca questo meccanismo. “Non è democratico che una maggioranza di cittadini che non si reca alle urne possa vanificare la volontà di chi invece partecipa”, hanno aggiunto.

L’astensione strategica

Il dato dell’affluenza conferma una tendenza ormai consolidata in Italia: la crescente difficoltà a mobilitare l’elettorato sui referendum abrogativi. Diversi fattori concorrono a spiegare questo fenomeno: dalla complessità tecnica dei quesiti alla strategia dell’astensione adottata dalle forze politiche contrarie alle abrogazioni.

L’astensione strategica, in particolare, si è rivelata ancora una volta un’arma efficace per chi si oppone ai referendum. Invitare i propri elettori a non recarsi alle urne, infatti, è spesso più semplice che convincerli a votare “no”, soprattutto quando i temi in gioco non coinvolgono direttamente la maggioranza della popolazione.

Le conseguenze

Il mancato raggiungimento del quorum rende nulli tutti e cinque i referendum. Le normative su lavoro e cittadinanza restano quindi invariate, mantenendo l’attuale assetto legislativo. Per i promotori dei quesiti si tratta di una sconfitta che chiude una lunga battaglia iniziata con la raccolta delle firme e proseguita fino alla campagna referendaria.

Uno specchio del Paese

Al di là delle immediate conseguenze politiche, il risultato fotografa un Paese sempre più disincantato rispetto agli strumenti di democrazia diretta. L’affluenza del 22,7% rappresenta uno dei dati più bassi nella storia dei referendum italiani, confermando una crisi di partecipazione che attraversa trasversalmente il tessuto sociale.

La polarizzazione territoriale del voto riflette inoltre le diverse sensibilità politiche e sociali tra Nord e Sud, con il Settentrione più propenso alla partecipazione referendaria rispetto alle regioni meridionali.

Verso una riforma?

Il dibattito sul quorum referendario torna ora al centro dell’agenda politica. I promotori dei referendum annunciano battaglie per modificare le regole, mentre la maggioranza di governo rivendica la validità dell’attuale sistema. Una discussione che si inserisce nel più ampio tema della riforma costituzionale e degli strumenti di partecipazione democratica.

Il referendum dell’8 e 9 giugno 2025 passerà alla storia come l’ennesima occasione mancata per rinnovare il quadro normativo italiano attraverso la volontà popolare. Un risultato che lascia invariato lo status quo e riapre il dibattito sulla tenuta degli strumenti di democrazia diretta nel nostro Paese.

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