Napoli, oltre 6mila migranti in piazza contro burocrazia e aggressioni

NAPOLI – Oltre seimila persone hanno attraversato le strade di Napoli in una delle più grandi manifestazioni degli ultimi anni per i diritti dei migranti. Il corteo, partito da Piazza Garibaldi nel cuore della città, ha visto la partecipazione di comunità migranti, movimenti antirazzisti e organizzazioni sindacali unite sotto lo slogan “Non sulla nostra pelle”.
Le rivendicazioni al centro della protesta
I manifestanti hanno portato in piazza problematiche concrete che toccano la vita quotidiana di migliaia di persone. Al centro delle rivendicazioni, la richiesta di permessi di soggiorno rapidi per porre fine alle lungaggini burocratiche che tengono in sospeso la vita di chi cerca di integrarsi legalmente nel tessuto sociale italiano.
“Basta con i permessi semestrali che arrivano già scaduti”, hanno gridato i partecipanti, denunciando una pratica amministrativa che crea un circolo vizioso di illegalità involontaria. Questa situazione impedisce l’accesso regolare al lavoro, ai servizi sanitari e rende impossibile qualsiasi forma di pianificazione della propria vita.
Le aggressioni: un allarme sociale
Un capitolo particolare è stato dedicato alle aggressioni subite dai lavoratori migranti durante gli spostamenti verso i luoghi di lavoro. Episodi di violenza che testimoniano un clima di tensione sociale crescente, particolarmente preoccupante per chi si trova già in condizione di vulnerabilità.
I manifestanti hanno chiesto alle istituzioni interventi concreti per garantire la sicurezza di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro provenienza, e per contrastare ogni forma di discriminazione razziale.
Sfruttamento e razzismo istituzionale
La manifestazione ha anche denunciato quello che viene definito “sfruttamento sistemico” e “razzismo istituzionale”. Terminologie forti che indicano la percezione di meccanismi strutturali che perpetuano condizioni di marginalità sociale ed economica.
I lavoratori migranti, spesso impiegati nei settori più precari dell’economia napoletana – dall’agricoltura alla logistica, dai servizi di pulizia al commercio ambulante – denunciano salari sotto la soglia di sussistenza, orari di lavoro eccessivi e condizioni spesso al limite della dignità umana.
Una mobilitazione nazionale
Il corteo di Napoli si inserisce in una più ampia campagna nazionale denominata “Non sulla nostra pelle”, che ha visto manifestazioni simili in diverse città italiane. Questa coordinazione testimonia la capacità organizzativa crescente delle comunità migranti, che stanno imparando a far sentire la propria voce attraverso i canali democratici.
La scelta di Napoli come teatro di questa importante manifestazione non è casuale. La città partenopea rappresenta uno dei principali punti di arrivo dei flussi migratori nel Mediterraneo e ospita una delle comunità straniere più numerose del Mezzogiorno.
Le reazioni e il contesto
La manifestazione si è svolta in un clima pacifico, con un servizio d’ordine garantito sia dalle forze dell’ordine che dagli organizzatori. La partecipazione numerosa ha sorpreso anche gli stessi promotori, dimostrando quanto queste tematiche siano sentite dalla comunità migrante napoletana.
Il corteo ha attraversato alcune delle strade più simboliche della città, da Corso Garibaldi a Via Roma, fino a raggiungere il centro storico, rendendo visibile una popolazione spesso invisibile nel dibattito pubblico.
Le prospettive future
I promotori della manifestazione hanno annunciato che questa è solo la prima di una serie di iniziative volte a mantenere alta l’attenzione su queste problematiche. L’obiettivo è quello di aprire un dialogo costruttivo con le istituzioni locali e nazionali per trovare soluzioni concrete ai problemi denunciati.
“Non chiediamo privilegi, ma solo di essere trattati come esseri umani con pari dignità”, ha dichiarato uno dei portavoce del movimento, sintetizzando lo spirito della manifestazione.
La grande partecipazione di ieri dimostra che Napoli, città da sempre crocevia di popoli e culture, continua a essere un laboratorio di integrazione e convivenza, ma anche un termometro delle tension