Non eravamo terroristi’: quattro espulsi chiedono 2 milioni di risarcimento

Non eravamo terroristi’: quattro espulsi chiedono 2 milioni di risarcimento

Perugia – Una storia di errore giudiziario che ha distrutto quattro famiglie e ora chiede giustizia. Quattro cittadini nordafricani – tre marocchini e un tunisino – espulsi dall’Italia nel luglio 2022 con l’accusa di terrorismo, chiedono ora allo Stato italiano un risarcimento di due milioni di euro dopo che il tribunale di Perugia ha archiviato completamente le accuse, riconoscendole infondate.

Vite spezzate da un errore

I quattro uomini – tre marocchini di 39, 39 e 57 anni e un tunisino di 47 anni – non erano clandestini né irregolari. Erano residenti regolari in Italia, titolari di permesso di soggiorno, lavoratori con contratto a tempo indeterminato e, soprattutto, padri di figli minorenni nati sul territorio italiano. Eppure, nell’estate del 2022, le loro vite sono state completamente stravolte da un’accusa di terrorismo che si è rivelata completamente infondata.

L’espulsione ha avuto conseguenze devastanti e immediate: la perdita del lavoro, la revoca del permesso di soggiorno e, più drammaticamente, la separazione forzata dalle proprie famiglie. Mogli e figli minorenni si sono ritrovati improvvisamente senza sostegno economico e affettivo, costretti a ricostruire la propria esistenza senza i loro cari.

L’archiviazione che fa giustizia

Il tribunale di Perugia ha successivamente archiviato le accuse, stabilendo che le prove raccolte non giustificavano minimamente la gravità delle misure adottate. Un verdetto che, se da un lato restituisce dignità ai quattro uomini, dall’altro evidenzia la sproporzione dell’intervento statale e i danni irreparabili causati.

“Lo Stato deve riconoscere e ammettere quando sbaglia”, dichiara l’avvocato Hilarry Sedu, legale dei quattro espulsi. “E deve ripristinare le sofferenze dei minori ai quali ha strappato dei genitori già integrati nel contesto sociale italiano. Deve far sì che questi minori non crescano con il risentimento nei confronti della bandiera italiana”.

Due milioni per riparare l’irreparabile

La richiesta di risarcimento da due milioni di euro non è solo una questione economica, ma rappresenta il tentativo di quantificare danni che vanno ben oltre l’aspetto patrimoniale. I quattro uomini e le loro famiglie hanno subito traumi psicologici profondi, la perdita di opportunità lavorative, l’interruzione di progetti di vita e, nel caso dei minori, la rottura traumatica dei legami familiari.

I bambini, nati e cresciuti in Italia, hanno visto improvvisamente scomparire i loro padri, etichettati come “terroristi” in un paese che consideravano casa loro. Le conseguenze psicologiche di questa esperienza potrebbero accompagnarli per tutta la vita, influenzando il loro rapporto con le istituzioni e con la società italiana.

Un caso emblematico

Questa vicenda rappresenta un caso emblematico di come le politiche di sicurezza nazionale possano, se mal applicate, calpestare i diritti fondamentali delle persone. L’equilibrio tra sicurezza e tutela dei diritti individuali è sempre delicato, ma quando l’errore è accertato, lo Stato ha il dovere morale e giuridico di riparare ai danni causati.

Il caso solleva anche interrogativi più ampi sulla qualità delle indagini in materia di antiterrorismo e sulla necessità di meccanismi di controllo più rigorosi prima di adottare misure così drastiche. L’espulsione di un genitore regolarmente soggiornante, con figli minorenni italiani, dovrebbe essere sempre l’ultima ratio, adottata solo in presenza di prove concrete e incontrovertibili.

La responsabilità dello Stato

Ora spetta allo Stato italiano valutare la propria responsabilità e decidere se e come risarcire i danni subiti. Non si tratta solo di una questione legale, ma di un test sulla capacità delle istituzioni di riconoscere i propri errori e di agire per ripararli.

La vicenda dei quattro nordafricani espulsi ingiustamente rappresenta un momento di verità per il sistema giudiziario e amministrativo italiano. Il risarcimento richiesto non può restituire gli anni perduti, i traumi subiti dai bambini o la fiducia nelle istituzioni compromessa, ma può rappresentare un primo passo verso il riconoscimento di un errore che ha segnato profondamente la vita di quattro famiglie.

La decisione che verrà presa nei prossimi mesi sarà importante non solo per i diretti interessati, ma anche come precedente per tutti coloro che, in futuro, potrebbero trovarsi vittime di errori giudiziari simili. In un paese democratico, la capacità di ammettere i propri sbagli e di porvi rimedio è un segno di maturità istituzionale e di rispetto per i diritti fondamentali della persona.

La vicenda resta ora nelle mani della giustizia civile, che dovrà valutare se e in che misura lo Stato italiano debba risarcire i danni causati da un errore che ha spezzato quattro famiglie e traumatizzato dei bambini innocenti.

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